Coreografie su tela. Arte e danza nella poetica di Stefano Babboni



di Isabella Falbo



La necessità di indagare il connubio fra arte visiva e danza si inserisce coerentemente nel dialogo sempre più intenso tra l’arte contemporanea e le altre espressioni artistiche.

La mostra/performance Coreografie su tela dell’artista e ballerino Stefano Babboni presenta in modo inedito e paradigmatico la relazione tra i due linguaggi, sviluppando una pratica artistica dalla natura catartica caratterizzata dal gesto dell’imprimitura del corpo unitamente all’approccio performativo della sua realizzazione. 


Il connubio fra arte visiva e danza è un campo di indagine molto interessante, il linguaggio della danza in diversi casi ha contribuito alla storia dell’arte visiva, ad esempio i Balletti Russi agli inizi del 

’900 o la danza di Merce Cunningham celebrata nel 2000 con una mostra al Castello di Rivoli. Non è casuale che fra i 90 artisti selezionati partecipanti alla 53a edizione della Biennale di Venezia ci sia anche William Forsythe.

Il lavoro di Stefano Babboni si inserisce in questa linea di tendenza ed indaga in modo paradigmatico la relazione tra i due linguaggi: la sua pratica artistica è realizzata con il corpo attraverso la danza.


L’evento Coreografie su tela è costruito su due tempi: il tempo della fruizione classica, con l’esposizione di tre grandi tele e una composizione di ritratti su tavola, e il tempo della performance nel quale, attraverso l’istantaneità dell’espressione artistica e il coinvolgimento del pubblico, si esplica e si sottolinea la natura della pratica artistica di Babboni. 

Attraverso il momento performativo si vuole porre rilievo su come nascono i lavori di Stefano Babboni, generati da atti ritualizzati ispirati dalla gestualità di William Forsythe, eseguiti per imprimitura del corpo sul supporto scelto e preparato con fusaggine.

In questo modo la poetica esce dalla narrazione e si spettacolarizza, racchiudendo l’intima dialogità dei linguaggi dell’arte e della danza. 

Il corpo diventa strumento che l’artista usa come fosse un pigmento composto di energia vitale e fusaggine e che entrando a passi di danza nella tela si imprime lasciando i segni del suo passaggio. 


Babboni nei suoi lavori indaga la vita, la morte e l’identità. 

La danza attraverso la contaminazione, l’invasione e la modificazione del corpo diviene il mezzo con cui l’artista trova conferma dell’esistenza. 

Dentro l’opera ritroviamo presenze umane con il loro grido all’esistenza, il loro legame alla vita e il loro moto sfrenato agli impulsi.

Come arazzi alternativi le tele di Babboni sono composizioni narrative tridimensionali dove la figura umana appare in tutta la sua fisicità e contemporaneità sino a permetterci di scorgere le cuciture degli indumenti. 

Nei piccoli ritratti su tavola il legame con la danza si fa più concettuale, rappresentano il volto del danzatore, rappresentazione della razionalità che guida il corpo.


L’espressività di tipo esistenziale che emerge dalle opere dell’artista deriva dalla corrente gestuale di Pina Bausch e del teatro danza tedesco oltre che dalla pittura simbiotica di Giovanni Manfredini.

Il lavoro drammatico sul corpo che ha caratterizzato gli esordi di Babboni sembra tuttavia si stia gradatamente alleggerendo, passando dai tormentati tentativi delle sue “esistenze” di uscire dal buio – metafore delle inquietudini generate dalla società attuale, caratterizzata dalla carenza di amore, dal proliferare della violenza e dalla generale regressione - alla celebrazione della vita nella luce, ricominciando dall’appagamento dell’anima e del corpo, improvvisando un’esistenza felice.



ISABELLA FALBO, testo critico per la mostra Coreografie su tela, personale di Stefano Babboni. A cura di Isabella Falbo, Bologna, Spazio in Due, marzo 2009.